Con una mascherina ancora addosso e sotto il mento, voglio questa mattina scrivere qualcosa sul tempo dell'architettura, o meglio sul tempo delle costruzioni. Voglio scriverlo perché mi è sempre più difficile comprendere il tempo nella mia professione. Quello che voglio dire è che ormai si tende a rendere il tempo della costruzione immediato, quasi istantaneo, non voglio dire che questo è per forza un male, anzi per certi versi e per molti aspetti è sicuramente un vantaggio. Ma alla base di tale contrazione dei tempi c'è l'idea che l'edificio sia semplicemente per un periodo, una stagione. Il che con un po' di poesia potrebbe essere anche affascinante, lo è meno quando i presupposti sono quelli esclusivamente commerciali, economici, e il vocabolario utilizzato comprende solo metri quadri, stanze, classe energetica, finiture di pregio, zona tranquilla. Sono i termini utilizzati che vogliono essere tranquillizzanti, vogliono dare conforto, dare conferme perché il passo che si sta facendo è nella maggior parte dei casi rilevante. Il sogno è si sempre quello di una vita tranquilla, migliore.
La vita in genere cambia, e quasi sempre cambia in meglio, ma non si riesce di certo ad estirpare la fatica, o il dolore, o l'inquietudine. Questi fanno parte della vita stessa in ogni posto si viva.
Credo che alla base vi sia l'idea di immaginarsi l'esistenza per gradini, per steps: oggi sono qui, tra 5 anni sarò lì, tra 10 ….. Punti di arrivo, ci poniamo forse dei punti di arrivo, che quasi mai si rispettano, fortunatamente.
Forse per deformazione professionale mi immagino la vita come un eterno cantiere, con una costruzione giornaliera, non vedo gradini.
Ritornando sull'argomento iniziale, Se guardo al passato, la costruzione aveva un tempo estremamente dilatato, oltre la vita stessa delle persone. Mi hanno sempre affascinato le costruzioni delle cattedrali. Si iniziava una costruzione, sulla base di un disegno di massima, con enormi ambizioni, spesso di gran lunga maggiori delle conoscenze tecniche, ma si andava avanti con una incrollabile fiducia nelle generazioni successive, nella convinzione che qualcuno dopo se stessi sarebbe stato in grado di risolvere tutti i problemi della costruzione. Certo questo avveniva per grandi cantieri, ma credo che si possa dire che tali presupposti mentali vi erano, sicuramente anche a scala minore, anche per costruzioni più semplici, addirittura per le costruzioni rurali.
Avevano un incrollabile fiducia nel futuro e nelle generazioni a venire, noi l'abbiamo ancora?
Non ne sono così convito, o almeno come società non l'abbiamo per niente, si è persa. Oggi si cerca perlopiù solo di salvarsi, e di salvarsi individualmente.
Quello attuale e per certi versi un tempo schizofrenico.
Non è colpa di nessuno, sono le condizioni economiche, sociali che ci siamo creati a portarci a situazioni del genere.
Ormai però sono le 8:30 passate ed è tempo di rientrare in questo mondo schizofrenico. (immagine di repertorio, chiaramente)
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